Febbraio 1956....Racconto poetico di Sandro Forlani
Inviato: giovedì 23 dicembre 2010, 23:29
Febbraio 1956
Sandro guarda la neve cadere.
E' tanta, e si deposita su tutto.
A Laveno Mombello non è un evento raro.Ma lui non lo sa.
Od almeno,non lo sa ancora.Ha solo cinque mesi.
Come in un sogno,Sandro vede ad un migliaio di chilometri di distanza
che anche nel Sannio guardano la neve cadere.
E' tanta e si deposita dappertutto,sulla "rutine" primordiale
che incorpora,fossilizzati,rametti,insetti,foglie del tempo che fu.
Mentre lui,al Nord, paffuto freddofilo, si fa le prime discese sulla slitta della vita.
Le Fiat Cinquecento gialle che passano nella via principale, lo fanno con grossa difficoltà,
lasciando due strisce sulla strada.
La campagna sannita è immacolata l'aria è piena delle bestemmie dei contadini che sanno di avere poco foraggio nelle stalle.
Le "rutine" che contraddistinguono la piana Telesina, di origine glaciale ,
adagiata fra il massiccio del Taburno e quello del Matese,nella provincia di Benevento, ormai non le vedi più.
Continua a nevicare.
Sandro è fortunato, e lo sa.
Non viene da una famiglia benestante, ma l'armonia che regna nella sua famiglia compensa anche questo ed un tazza di latte di mucca,
una fetta di pane di segale ed un cucchiaio di miele d'acacia prealpina,sul suo desco non mancano mai.
Non ha nemmeno la televisione, un lusso che pochi possono permettersi.
Tuttavia lo spettacolo che gli si offrirà nella sua infanzia,fatto di neve e di neve,
di partite a pallone con fratelli ed amici,non gli impedirà di andare anche lui via, a cercare l'amore altrove..
Gli piacerebbe suonare e cantare, lui che non è intonato.
Nevica, continua a nevicare, mentre questi pensieri gli si affollano nella testa di giullare in fasce.
Il biancore ormai è acceso, e ricopre tutto, strade, palazzi, abeti, giardini,morene,
e il suo lago maggiore ,felice anche lui del candido mantello.
L'odore nell'aria non è più quello delle pioggia natie di settembre,
è quello della neve, un odore che non immaginava,immaginario eppure reale.
Tocca la neve mentre scende la ripa slittando, morbida e soffice. Cerca di berne un pò,
l'acqua che viene fuori dalla neve al gusto è ottima. Nell'aria non vi è alcun suono, è tutto ovattato.
Le sue anche affondano nel manto candido e non gli lasciano presagire nulla di quello che gli sarebbe capitato.
"Chissà", si chiede, "se al mondo vi siano altri pazzi come me che amano i fenomeni atmosferici". Chissà.
Lo scoprirà decenni dopo, grazie a Internet.
Pochi mesi dopo,arriva la Pasqua più bella della sua vita,quella del ’56.
Per le strade polverose e bianche del ’56,un Leoncino Fiat 615 avanzava fiero
fra i cumuli di neve rimasti dal grande freddo di febbraio.
La Pasqua capitava quell’anno il primo di aprile.
Già questo può far capire la confusione di quella domenica mattina.
Sandro non riusciva a capire,
(certo non parlava ancora,se non poche parole…..mamma….ho fame…..voglio colomba…..uova ……uova…..)
ma già capiva che qualcosa non quadrava.
Nessuno riusciva a capire se fosse veramente Pasqua,o se fosse il solito pesce d’aprile.
Il suo papà era buono,buonissimo,come il pane praticamente.
La mamma era solo buona,aveva un bel sapore di latte zuccherino,
e dopo averlo partorito di quasi sei chili,dopo sette mesi lo ingrandiva ancora con frequenti poppate al seno.
Ma Sandro mirava più in alto,ad una dieta più solida,alle uova di cioccolato della Ferrero
che aveva visto dal panettiere di Mombello,a quello strano dolce mandorlato del forno vicino a casa,
a forma di gallina.(solo l’anno dopo,quando avrà imparato a parlare bene,saprà che era colomba…)
a quell’arrosto di cappone,che profumava di burro e rosmarino la grande cucina lombarda.
A quel tempo Sandro era ancora figlio unico,aveva tutti i nonni possibili ed immaginabili a sua disposizione,
ed in particolare portava il nome del suo nonno Barbisun,un omone alto e con un paio di baffoni bianchi.
Fu proprio lui,al ritorno dalla stalla,(anche se era domenica,e perdippiù di Pasqua,
le vacche non lo lasciavano in pace dalle quattro del mattino…)
che si fece commuovere dagli strepiti di Sandro e cominciò lo svezzamento dell’unico nipote.
Il Leoncino Fiat 615 si fermò fuori della fattoria patriarcale dove vivevano Sandro e la sua famiglia.
Anche per lo zio Angelo quella Pasqua era stata di lavoro fino a mezzogiorno,ma poi,con la moglie ed i due figli
aveva deciso di scendere a Mombello per fare la Pasqua con i parenti.
Non erano grandi, Ferruccio e Anna,ma abbastanza per mettersi attorno al cuginetto e coccolarlo per tutto il giorno.
E’ bello sentirsi Re a sette mesi,e Sandro quel giorno si sentì,forse per la prima ed ultima volta,un Re.
Nemmeno le tre sorelle del suo papà avevano ancora figli,arriveranno negli anni successivi,e tutti, quel giorno, erano dedicati al Sandrino.
(Il suo vero nome,anche oggi che ha superato di un bel po’ i cento chili,le zie paterne lo chiamano sempre Sandrino…)
Non gli parve vero iniziare a succhiare un po’ di cioccolata,
sciogliere in bocca le prime briciole di colomba,
sentire il sapore di un pezzetto di coscia del miglior cappone della fattoria.
Sensazioni ed emozioni che avrebbe sentito liberamente per tanti anni ancora,
ma che non sapranno mai più dargli la gioia della prima volta,come in quel giorno d’aprile.
I contadini avevano appena vissuto quello che sarebbe stato l’inverno più freddo mai visto nella loro vita,
e solo grazie alla loro prudenza,avevano potuto superarlo.
Il nonno Barbisun e lo zio Angelo erano contadini e boscaioli,ed erano abituati
ad affrontare gli inverni gelidi degli anni cinquanta,con una buona scorta di mangiatorie per loro e le loro bestie.
Ma quell’anno tante certezze vennero messe a dura prova,e nonostante ciò,loro parlavano del generale Inverno con grande rispetto,
sapendo quanto bene poteva fare alle loro terre.
Mai avrebbero voluto un inverno come quello del duemilasette,
con le gemme spuntate in anticipo,mosche e zanzare libere di scacazzare su tutto
e con il rischio di vedere una primavera fredda e gelata.
Radio Monteceneri,che nella famiglia di Sandro era tenuta in gran conto,
per via del fatto che era della Svizzera Italiana e non era imbavagliata dalla Democrazia Cristiana di quel tempo,
aveva descritto gli scenari apocalittici del Sud Italia,dove le vacche erano rimaste senza fieno nelle stalle.
Giù erano abituati a climi ben diversi,con il foraggio disponibile in campo aperto tutto l’anno,
e non si dannavano più di tanto a riempire cascine e granai.
I ragazzini lombardi se ne erano scialati a più non posso,
scivolando e slittando a soddisfazione fra le barche di lago imprigionate dal ghiaccio.
Non sarebbe mai più successo,ed i Calabroni si gelarono nelle loro tane oscure,
faticando non poco negli anni successivi a perpetuare la loro velenosa specie.
Fu in quei giorni che Sandro diventò un appassionato di meteorologia.
Sandro guarda la neve cadere.
E' tanta, e si deposita su tutto.
A Laveno Mombello non è un evento raro.Ma lui non lo sa.
Od almeno,non lo sa ancora.Ha solo cinque mesi.
Come in un sogno,Sandro vede ad un migliaio di chilometri di distanza
che anche nel Sannio guardano la neve cadere.
E' tanta e si deposita dappertutto,sulla "rutine" primordiale
che incorpora,fossilizzati,rametti,insetti,foglie del tempo che fu.
Mentre lui,al Nord, paffuto freddofilo, si fa le prime discese sulla slitta della vita.
Le Fiat Cinquecento gialle che passano nella via principale, lo fanno con grossa difficoltà,
lasciando due strisce sulla strada.
La campagna sannita è immacolata l'aria è piena delle bestemmie dei contadini che sanno di avere poco foraggio nelle stalle.
Le "rutine" che contraddistinguono la piana Telesina, di origine glaciale ,
adagiata fra il massiccio del Taburno e quello del Matese,nella provincia di Benevento, ormai non le vedi più.
Continua a nevicare.
Sandro è fortunato, e lo sa.
Non viene da una famiglia benestante, ma l'armonia che regna nella sua famiglia compensa anche questo ed un tazza di latte di mucca,
una fetta di pane di segale ed un cucchiaio di miele d'acacia prealpina,sul suo desco non mancano mai.
Non ha nemmeno la televisione, un lusso che pochi possono permettersi.
Tuttavia lo spettacolo che gli si offrirà nella sua infanzia,fatto di neve e di neve,
di partite a pallone con fratelli ed amici,non gli impedirà di andare anche lui via, a cercare l'amore altrove..
Gli piacerebbe suonare e cantare, lui che non è intonato.
Nevica, continua a nevicare, mentre questi pensieri gli si affollano nella testa di giullare in fasce.
Il biancore ormai è acceso, e ricopre tutto, strade, palazzi, abeti, giardini,morene,
e il suo lago maggiore ,felice anche lui del candido mantello.
L'odore nell'aria non è più quello delle pioggia natie di settembre,
è quello della neve, un odore che non immaginava,immaginario eppure reale.
Tocca la neve mentre scende la ripa slittando, morbida e soffice. Cerca di berne un pò,
l'acqua che viene fuori dalla neve al gusto è ottima. Nell'aria non vi è alcun suono, è tutto ovattato.
Le sue anche affondano nel manto candido e non gli lasciano presagire nulla di quello che gli sarebbe capitato.
"Chissà", si chiede, "se al mondo vi siano altri pazzi come me che amano i fenomeni atmosferici". Chissà.
Lo scoprirà decenni dopo, grazie a Internet.
Pochi mesi dopo,arriva la Pasqua più bella della sua vita,quella del ’56.
Per le strade polverose e bianche del ’56,un Leoncino Fiat 615 avanzava fiero
fra i cumuli di neve rimasti dal grande freddo di febbraio.
La Pasqua capitava quell’anno il primo di aprile.
Già questo può far capire la confusione di quella domenica mattina.
Sandro non riusciva a capire,
(certo non parlava ancora,se non poche parole…..mamma….ho fame…..voglio colomba…..uova ……uova…..)
ma già capiva che qualcosa non quadrava.
Nessuno riusciva a capire se fosse veramente Pasqua,o se fosse il solito pesce d’aprile.
Il suo papà era buono,buonissimo,come il pane praticamente.
La mamma era solo buona,aveva un bel sapore di latte zuccherino,
e dopo averlo partorito di quasi sei chili,dopo sette mesi lo ingrandiva ancora con frequenti poppate al seno.
Ma Sandro mirava più in alto,ad una dieta più solida,alle uova di cioccolato della Ferrero
che aveva visto dal panettiere di Mombello,a quello strano dolce mandorlato del forno vicino a casa,
a forma di gallina.(solo l’anno dopo,quando avrà imparato a parlare bene,saprà che era colomba…)
a quell’arrosto di cappone,che profumava di burro e rosmarino la grande cucina lombarda.
A quel tempo Sandro era ancora figlio unico,aveva tutti i nonni possibili ed immaginabili a sua disposizione,
ed in particolare portava il nome del suo nonno Barbisun,un omone alto e con un paio di baffoni bianchi.
Fu proprio lui,al ritorno dalla stalla,(anche se era domenica,e perdippiù di Pasqua,
le vacche non lo lasciavano in pace dalle quattro del mattino…)
che si fece commuovere dagli strepiti di Sandro e cominciò lo svezzamento dell’unico nipote.
Il Leoncino Fiat 615 si fermò fuori della fattoria patriarcale dove vivevano Sandro e la sua famiglia.
Anche per lo zio Angelo quella Pasqua era stata di lavoro fino a mezzogiorno,ma poi,con la moglie ed i due figli
aveva deciso di scendere a Mombello per fare la Pasqua con i parenti.
Non erano grandi, Ferruccio e Anna,ma abbastanza per mettersi attorno al cuginetto e coccolarlo per tutto il giorno.
E’ bello sentirsi Re a sette mesi,e Sandro quel giorno si sentì,forse per la prima ed ultima volta,un Re.
Nemmeno le tre sorelle del suo papà avevano ancora figli,arriveranno negli anni successivi,e tutti, quel giorno, erano dedicati al Sandrino.
(Il suo vero nome,anche oggi che ha superato di un bel po’ i cento chili,le zie paterne lo chiamano sempre Sandrino…)
Non gli parve vero iniziare a succhiare un po’ di cioccolata,
sciogliere in bocca le prime briciole di colomba,
sentire il sapore di un pezzetto di coscia del miglior cappone della fattoria.
Sensazioni ed emozioni che avrebbe sentito liberamente per tanti anni ancora,
ma che non sapranno mai più dargli la gioia della prima volta,come in quel giorno d’aprile.
I contadini avevano appena vissuto quello che sarebbe stato l’inverno più freddo mai visto nella loro vita,
e solo grazie alla loro prudenza,avevano potuto superarlo.
Il nonno Barbisun e lo zio Angelo erano contadini e boscaioli,ed erano abituati
ad affrontare gli inverni gelidi degli anni cinquanta,con una buona scorta di mangiatorie per loro e le loro bestie.
Ma quell’anno tante certezze vennero messe a dura prova,e nonostante ciò,loro parlavano del generale Inverno con grande rispetto,
sapendo quanto bene poteva fare alle loro terre.
Mai avrebbero voluto un inverno come quello del duemilasette,
con le gemme spuntate in anticipo,mosche e zanzare libere di scacazzare su tutto
e con il rischio di vedere una primavera fredda e gelata.
Radio Monteceneri,che nella famiglia di Sandro era tenuta in gran conto,
per via del fatto che era della Svizzera Italiana e non era imbavagliata dalla Democrazia Cristiana di quel tempo,
aveva descritto gli scenari apocalittici del Sud Italia,dove le vacche erano rimaste senza fieno nelle stalle.
Giù erano abituati a climi ben diversi,con il foraggio disponibile in campo aperto tutto l’anno,
e non si dannavano più di tanto a riempire cascine e granai.
I ragazzini lombardi se ne erano scialati a più non posso,
scivolando e slittando a soddisfazione fra le barche di lago imprigionate dal ghiaccio.
Non sarebbe mai più successo,ed i Calabroni si gelarono nelle loro tane oscure,
faticando non poco negli anni successivi a perpetuare la loro velenosa specie.
Fu in quei giorni che Sandro diventò un appassionato di meteorologia.