http://www.centrometeolombardo.com/cont ... entId=3717
In particolare questo passaggio lo ritengo particolarmente dirompente:
"Le temperature sono pressoché uguali nelle ore mattutine; nelle ore più calde si possono creare modeste differenze (spesso l’area urbana si riscalda di meno, soprattutto nel semestre caldo, per la maggior presenza di ombre proiettate)"
Cosa ne pensate?
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Re: Interessante articolo del CML sull'isola di calore
"La teoria degli strati: canopy layer e boundary layer
Le ricerche sul clima urbano, e anche le istruzioni contenute nella guida del WMO, fanno riferimento ad uno schema della struttura dell’atmosfera suddiviso in “layers”. Per semplificare al massimo il concetto, diremo che al di sopra della città, lo strato d’aria entro il quale si può considerare vi sia un’influenza da parte della superficie urbana sul flusso e sulle caratteristiche dell’atmosfera, è definito come “boundary layer” (strato limite urbano). Questo delimita una “cupola”, che può risultare deformata nel senso delle correnti aeree (spingendosi sottovento verso la campagna). Nel nostro esempio, potrebbe coincidere con il limite che delinea la mancata presenza dell’inversione termica al suolo.
All’interno del boundary layer, viene individuato, a partire dal suolo, uno strato che delimita la “volta urbana” (urban canopy layer): stendendo un ideale lenzuolo sui tetti delle case, il “canopy layer” è quello che rimane al di sotto, ed è caratterizzato dalla “rugosità” (alternanza di spazi - le strade e le piazze - e di ostacoli - le costruzioni -: è uno strato analogo a quello che si crea sotto gli alberi di una foresta).
Al livello dei tetti, si hanno delle condizioni ibride, tra i microclimi indotti dalle caratteristiche dei tetti stessi, e l’influenza del “canopy layer”, ovvero del microclima presente nelle strade e nelle piazze sottostanti. Si individua poi un ulteriore livello, che è delimitato dalla quota alla quale il mix di questi ultimi “microclimi” è completato: questo strato (“roughness sublayer”) ha uno spessore variabile, che dipende dalla “rugosità” della superficie sottostante, ossia dalle caratteristiche urbane (rapporto tra vuoti e pieni, altezza degli edifici,larghezza delle strade, ecc): il limite del “roughness sublayer” in caso di urbanizzazione compatta è stimabile in una volta e mezza il “canopy layer”, ma può arrivare a quattro volte il “canopy” in aree molto irregolari e aperte.
Lo strato superiore del “boundary layer” è denominato “inertial sublayer”."
Le ricerche sul clima urbano, e anche le istruzioni contenute nella guida del WMO, fanno riferimento ad uno schema della struttura dell’atmosfera suddiviso in “layers”. Per semplificare al massimo il concetto, diremo che al di sopra della città, lo strato d’aria entro il quale si può considerare vi sia un’influenza da parte della superficie urbana sul flusso e sulle caratteristiche dell’atmosfera, è definito come “boundary layer” (strato limite urbano). Questo delimita una “cupola”, che può risultare deformata nel senso delle correnti aeree (spingendosi sottovento verso la campagna). Nel nostro esempio, potrebbe coincidere con il limite che delinea la mancata presenza dell’inversione termica al suolo.
All’interno del boundary layer, viene individuato, a partire dal suolo, uno strato che delimita la “volta urbana” (urban canopy layer): stendendo un ideale lenzuolo sui tetti delle case, il “canopy layer” è quello che rimane al di sotto, ed è caratterizzato dalla “rugosità” (alternanza di spazi - le strade e le piazze - e di ostacoli - le costruzioni -: è uno strato analogo a quello che si crea sotto gli alberi di una foresta).
Al livello dei tetti, si hanno delle condizioni ibride, tra i microclimi indotti dalle caratteristiche dei tetti stessi, e l’influenza del “canopy layer”, ovvero del microclima presente nelle strade e nelle piazze sottostanti. Si individua poi un ulteriore livello, che è delimitato dalla quota alla quale il mix di questi ultimi “microclimi” è completato: questo strato (“roughness sublayer”) ha uno spessore variabile, che dipende dalla “rugosità” della superficie sottostante, ossia dalle caratteristiche urbane (rapporto tra vuoti e pieni, altezza degli edifici,larghezza delle strade, ecc): il limite del “roughness sublayer” in caso di urbanizzazione compatta è stimabile in una volta e mezza il “canopy layer”, ma può arrivare a quattro volte il “canopy” in aree molto irregolari e aperte.
Lo strato superiore del “boundary layer” è denominato “inertial sublayer”."
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Re: Interessante articolo del CML sull'isola di calore
Senza addentrarsi in ulteriori spiegazioni, diremo che secondo il WMO la corretta collocazione del sensore (parliamo principalmente del termometro o del termoigrometro), per la rappresentazione di condizioni microclimatiche, dovrebbe essere all’interno del “canopy layer”, purchè siano evitati i rischi di irraggiamento da parte di pareti verticali, e ci sia sufficiente ricambio d’aria. In alternativa, il sensore andrebbe posto al di sopra del “roughness sublayer”, (cioè nell’”inertial sublayer”), ad esempio su una torre o un traliccio, ad almeno una volta e mezzo l’altezza media dei tetti, dove il rimescolamento dei vari microclimi sottostanti si è completato. In questo caso rileverà un microclima di scala diversa (più “mediata”) rispetto ai microclimi locali sottostanti. E’ invece, in linea di massima, sconsigliata la rilevazione alla quota dei tetti.
Va detto però che questo tipo di schematizzazione, valido per tutto il mondo, risente molto di un’impostazione “anglosassone” dell’urbanistica; le nostre città in genere sono molto compatte e, come vedremo, hanno un “canopy layer” spesso inutilizzabile per effettuare corrette rilevazioni.
Perché il WMO richiede cautela nel posizionamento o nella validazione di letture fatte sopra i tetti urbani?
Le motivazioni sono soprattutto due: i materiali dei tetti hanno caratteristiche del tutto particolari, e spesso un’eccessiva propensione a surriscaldarsi sotto il sole perdendo calore rapidamente di notte; sono inoltre fatti per allontanare immediatamente le acque di pioggia e quindi costituiscono un ambiente notevolmente più secco rispetto al suolo. Inoltre, il livello dei tetti è un “confine”, come si è detto prima, tra i microclimi sottostanti e quello soprastante i tetti stessi, e non può quindi considerarsi omogeneo.
Va detto però che questo tipo di schematizzazione, valido per tutto il mondo, risente molto di un’impostazione “anglosassone” dell’urbanistica; le nostre città in genere sono molto compatte e, come vedremo, hanno un “canopy layer” spesso inutilizzabile per effettuare corrette rilevazioni.
Perché il WMO richiede cautela nel posizionamento o nella validazione di letture fatte sopra i tetti urbani?
Le motivazioni sono soprattutto due: i materiali dei tetti hanno caratteristiche del tutto particolari, e spesso un’eccessiva propensione a surriscaldarsi sotto il sole perdendo calore rapidamente di notte; sono inoltre fatti per allontanare immediatamente le acque di pioggia e quindi costituiscono un ambiente notevolmente più secco rispetto al suolo. Inoltre, il livello dei tetti è un “confine”, come si è detto prima, tra i microclimi sottostanti e quello soprastante i tetti stessi, e non può quindi considerarsi omogeneo.
- Allegati
-
- Possibilità di posizionamento di un sensore termometrico in area urbana: A) ad altezza standard dal suolo, lontano da ostacoli; B) all’altezza dei tetti; C) al di sopra dello strato di rimescolamento.
- stazioni meteo urbane.jpg (102.3 KiB) Visto 2692 volte
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Re: Interessante articolo del CML sull'isola di calore
Tracciando una sezione tipica della stessa area urbana, schematizzata nella figura, si osserva come i cortili e le strade hanno una sezione tale da impedire il regolare scambio termico tra la superficie orizzontale e la volta celeste: a seconda delle ore del giorno si creeranno microclimi estremamente “specializzati”, con sacche di aria non riscaldata dal sole e zone surriscaldate dall’energia riflessa tra le pareti verticali; nelle ore notturne, l’energia emessa dalla superficie della strada anziché disperdersi verso l’alto (frecce azzurre) si rifletterà più volte lungo le pareti degli edifici (frecce rosse), tanto più quanto maggiore sarà la profondità della strada rispetto alla sua larghezza:
La posizione ottimale del sensore, secondo il WMO, sarà allora in uno spazio aperto (come una piazza, o il cortile di una scuola, ma non di un condominio stretto fra altri condomini): purché le superfici circostanti siano quelle “tipiche” dell’area urbana, ossia pavimentate come lo è mediamente il quartiere che stiamo monitorando. In parole povere, se mettiamo il sensore sul prato di un giardinetto non avremo più l’osservazione del microclima urbano ma di quell’ulteriore particolare microclima creato da un’enclave verde all’interno della città.
Ma il manuale WMO ci fa osservare un’altra cosa (capitolo 11.3.2.1):
“Nelle stazioni non-urbane l’altezza raccomandata per lo schermo è tra 1,25 e 2 metri sopra il livello del suolo. Questo è certamente accettabile anche per siti urbani, ma in certi casi può essere più opportuno allontanarsi da questa regola, consentendo altezze maggiori. Nella maggior parte dei casi, questo non comporterà errori significativi, specialmente nelle aree densamente edificate, in quanto osservazioni effettuate nei “canyons” (costituiti dalle strade con sezione ristretta rispetto all’altezza degli edifici) mostrano gradienti di temperatura debolissimi (“very slight”) attraverso la maggior parte del “canopy layer”, purché il sensore sia posto ad oltre un metro da qualunque superficie.(…) Allontanarsi dalla superficie della strada assicura per di più una maggiore diluizione del calore derivante dagli scarichi veicolari”.
L’informazione più importante è quella che all’intero dei “canyon” stradali la temperatura può ritenersi costante. Ciò significa che, in ambito urbano, alla quota dei tetti o al suolo non vi possono essere differenze apprezzabili, purché si tenga conto delle caratteristiche termiche della superficie del tetto. L’immagine che segue riassume lo schema sopra descritto.
Nell’impossibilità di posizionarsi alla quota standard (1,25 – 2,00 metri) dal livello del suolo in uno spazio sufficientemente distante da superfici riflettenti, possiamo dedurne che lungo tutta l’altezza del “canopy layer” è ammissibile collocare il sensore purché sia distante dalla superficie verticale (oltre un metro, quindi teoricamente anche all’esterno di un balcone: l’esperienza ci suggerisce tuttavia che la distanza dovrebbe essere almeno di 2 metri); e aggiungiamo anche che al livello del tetto le rilevazioni saranno attendibili purché si abbia cura di eludere gli effetti dell’irraggiamento diretto da superfici con particolari caratteristiche termiche.
All’atto pratico, si può suggerire ad esempio: l’estensione del sensore dal terrazzo verso l’esterno dell’edificio (in modo da non “vedere” la superficie del terrazzo); il posizionamento su un traliccio abbastanza alto da essere certi (con verifiche sperimentali) che non subisce l’influenza della superficie sottostante; la preparazione di una superficie con caratteristiche “attenuanti” l’eventuale effetto dei materiali originali della copertura (ad esempio, applicando una superficie isolante intorno alla base della stazione, o una porzione di prato artificiale). D’altra parte non si può escludere che i nostri tetti abbiano, in alcuni casi, conformazione geometrica e materiali superficiali coerenti con le caratteristiche presenti al livello del suolo, e pertanto non influenzino le rilevazioni in modo significativo. Ricordiamo soprattutto che, nell’area urbana, non vi è significativa variazione di temperatura tra il suolo e la quota dei tetti.
E’ chiaro che, in aree molto aperte, con caratteristiche “rurali” del suolo, dove la perdita di calore per irraggiamento notturno è significativa, la temperatura rilevata in quota su un edificio isolato sarà molto diversa, segnalando il gradiente termico dovuto all’inversione.
Si raccomanda infine di tener conto di ogni possibile ulteriore influenza locale: si eviterà, ad esempio, di posizionare il sensore alla sommità di una facciata particolarmente esposta al sole, che potrà generare una colonna ascendente di aria surriscaldata, come schematizzato nella figura seguente.
La posizione ottimale del sensore, secondo il WMO, sarà allora in uno spazio aperto (come una piazza, o il cortile di una scuola, ma non di un condominio stretto fra altri condomini): purché le superfici circostanti siano quelle “tipiche” dell’area urbana, ossia pavimentate come lo è mediamente il quartiere che stiamo monitorando. In parole povere, se mettiamo il sensore sul prato di un giardinetto non avremo più l’osservazione del microclima urbano ma di quell’ulteriore particolare microclima creato da un’enclave verde all’interno della città.
Ma il manuale WMO ci fa osservare un’altra cosa (capitolo 11.3.2.1):
“Nelle stazioni non-urbane l’altezza raccomandata per lo schermo è tra 1,25 e 2 metri sopra il livello del suolo. Questo è certamente accettabile anche per siti urbani, ma in certi casi può essere più opportuno allontanarsi da questa regola, consentendo altezze maggiori. Nella maggior parte dei casi, questo non comporterà errori significativi, specialmente nelle aree densamente edificate, in quanto osservazioni effettuate nei “canyons” (costituiti dalle strade con sezione ristretta rispetto all’altezza degli edifici) mostrano gradienti di temperatura debolissimi (“very slight”) attraverso la maggior parte del “canopy layer”, purché il sensore sia posto ad oltre un metro da qualunque superficie.(…) Allontanarsi dalla superficie della strada assicura per di più una maggiore diluizione del calore derivante dagli scarichi veicolari”.
L’informazione più importante è quella che all’intero dei “canyon” stradali la temperatura può ritenersi costante. Ciò significa che, in ambito urbano, alla quota dei tetti o al suolo non vi possono essere differenze apprezzabili, purché si tenga conto delle caratteristiche termiche della superficie del tetto. L’immagine che segue riassume lo schema sopra descritto.
Nell’impossibilità di posizionarsi alla quota standard (1,25 – 2,00 metri) dal livello del suolo in uno spazio sufficientemente distante da superfici riflettenti, possiamo dedurne che lungo tutta l’altezza del “canopy layer” è ammissibile collocare il sensore purché sia distante dalla superficie verticale (oltre un metro, quindi teoricamente anche all’esterno di un balcone: l’esperienza ci suggerisce tuttavia che la distanza dovrebbe essere almeno di 2 metri); e aggiungiamo anche che al livello del tetto le rilevazioni saranno attendibili purché si abbia cura di eludere gli effetti dell’irraggiamento diretto da superfici con particolari caratteristiche termiche.
All’atto pratico, si può suggerire ad esempio: l’estensione del sensore dal terrazzo verso l’esterno dell’edificio (in modo da non “vedere” la superficie del terrazzo); il posizionamento su un traliccio abbastanza alto da essere certi (con verifiche sperimentali) che non subisce l’influenza della superficie sottostante; la preparazione di una superficie con caratteristiche “attenuanti” l’eventuale effetto dei materiali originali della copertura (ad esempio, applicando una superficie isolante intorno alla base della stazione, o una porzione di prato artificiale). D’altra parte non si può escludere che i nostri tetti abbiano, in alcuni casi, conformazione geometrica e materiali superficiali coerenti con le caratteristiche presenti al livello del suolo, e pertanto non influenzino le rilevazioni in modo significativo. Ricordiamo soprattutto che, nell’area urbana, non vi è significativa variazione di temperatura tra il suolo e la quota dei tetti.
E’ chiaro che, in aree molto aperte, con caratteristiche “rurali” del suolo, dove la perdita di calore per irraggiamento notturno è significativa, la temperatura rilevata in quota su un edificio isolato sarà molto diversa, segnalando il gradiente termico dovuto all’inversione.
Si raccomanda infine di tener conto di ogni possibile ulteriore influenza locale: si eviterà, ad esempio, di posizionare il sensore alla sommità di una facciata particolarmente esposta al sole, che potrà generare una colonna ascendente di aria surriscaldata, come schematizzato nella figura seguente.
- Allegati
-
- Sezione schematica della porzione di tessuto vista nelle immagini precedenti:
i rapporti fra altezze e lunghezze sono rispettati. - milano.jpg (32.59 KiB) Visto 2691 volte
- Sezione schematica della porzione di tessuto vista nelle immagini precedenti:
-
- iMilano 2.jpg (120.07 KiB) Visto 2691 volte
-
- Aree soggette ad un possibile surriscaldamento dovuto a superfici particolarmente esposte al sole; il posizionamento del sensore dovrà avvenire – se non è disponibile un’esposizione diversa – alla maggior distanza possibile dalle superfici.
- superfici riflettenti.jpg (78.7 KiB) Visto 2691 volte
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Re: Interessante articolo del CML sull'isola di calore
cose a me già molto note... interessante averlo proposto qui. Bravo Nicola..
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Re: Interessante articolo del CML sull'isola di calore
Interessantissimo articolo, davvero molto istruttivo, pur con le limitazioni di tutte le generalizzazioni .. certo sono cose che più o meno tutti sapevamo, ma sistemarle in un unico studio non era facile.
PS. davvero meraviglioso il sito del centro meteo lombardo .. non so se sia pubblico o privato ma il paragone con i siti meteo istituzionali campani che siano statali regionali o universitari è davvero imbarazzante!
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Re: Interessante articolo del CML sull'isola di calore
Interessante anche questa analisi sulle differenze termiche con nebbia, fra la pianura occidentale e orientale lombarda...
"NEBBIA IN PIANURA E SOLE SUI MONTI
Dalla cartina dei dati in tempo reale si nota perfettamente il divario termico tra le zone interessate dalla nebbia e quelle in cui invece è presente un bel sole e cieli limpidi.
Uno spunto didattico: osservando attentamente i valori, si nota come le zone della pianura orientale registrino temperature superiori a quelle della pianura occidentale, seppur in entrambi i casi sia presente lo strato nebbioso. Come mai questa differenza?
La causa va ricercata nel bilancio radiativo che si instaura grazie alla nebbia. In pratica cosa accade? Accade che le zone della pianura orientale, con altimetria minore, risentano della "controradiazione" che lo strato nebbioso esercita verso il suolo. In quelle zone, quindi, il calore assorbito viene irradiato sia verso l'alto (atmosfera), sia verso il basso (suolo).
La pianura occidentale si viene invece a trovare proprio in corrispondenza dello strato nebbioso (meno "immersa" diciamo), essendo altimetricamente più alta rispetto alla pianura orientale. In queste aree l'azione di "controradiazione" è molto minore o quasi nulla, e tutto il calore viene quindi irradiato verso l'alto (atmosfera). L'assenza di questa controradiazione si traduce in una temperatura più bassa.
Semplificando ulteriormente per rendere meglio l'idea: il tutto si può immaginare come una sorta di effetto serra, esercitato dallo strato nebbioso che agisce come un coperchio. Sulla pianura orientale è presente questo "effetto serra", mentre su quella occidentale no. Di conseguenza, dove è presente si registrano temperature più elevate."
"NEBBIA IN PIANURA E SOLE SUI MONTI
Dalla cartina dei dati in tempo reale si nota perfettamente il divario termico tra le zone interessate dalla nebbia e quelle in cui invece è presente un bel sole e cieli limpidi.
Uno spunto didattico: osservando attentamente i valori, si nota come le zone della pianura orientale registrino temperature superiori a quelle della pianura occidentale, seppur in entrambi i casi sia presente lo strato nebbioso. Come mai questa differenza?
La causa va ricercata nel bilancio radiativo che si instaura grazie alla nebbia. In pratica cosa accade? Accade che le zone della pianura orientale, con altimetria minore, risentano della "controradiazione" che lo strato nebbioso esercita verso il suolo. In quelle zone, quindi, il calore assorbito viene irradiato sia verso l'alto (atmosfera), sia verso il basso (suolo).
La pianura occidentale si viene invece a trovare proprio in corrispondenza dello strato nebbioso (meno "immersa" diciamo), essendo altimetricamente più alta rispetto alla pianura orientale. In queste aree l'azione di "controradiazione" è molto minore o quasi nulla, e tutto il calore viene quindi irradiato verso l'alto (atmosfera). L'assenza di questa controradiazione si traduce in una temperatura più bassa.
Semplificando ulteriormente per rendere meglio l'idea: il tutto si può immaginare come una sorta di effetto serra, esercitato dallo strato nebbioso che agisce come un coperchio. Sulla pianura orientale è presente questo "effetto serra", mentre su quella occidentale no. Di conseguenza, dove è presente si registrano temperature più elevate."
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Re: Interessante articolo del CML sull'isola di calore
Molto interessante, soprattutto quest'ultima spiegazione.
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Re: Interessante articolo del CML sull'isola di calore
tutto molto interessante, bravo picentino
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https://www.weatherlink.com/bulletin/c8 ... 6b7ef6eacc (staz. meteo Montesarchio )
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Re: Interessante articolo del CML sull'isola di calore
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